martedì 16 febbraio 2016


A.R.
Artsteady reviews

Planet Hulk




Ma adesso basta parlare di Hulk, parliamo di me.

Ciao, sono un ventiseienne magrolino che porta a spasso un improbabile cespuglio sulla testa. Dieci anni fa, in un'altra era geologica, ero un sedicenne grassottello che portava a spasso un improbabile paio di baffetti. Nel mio personale vissuto economico, i sedici anni rappresentano uno dei periodi più floridi che abbia mai vissuto: avevo una dignitosa paghetta mensile che poteva essere spesa completamente in fumetti, al netto delle pizze del sabato sera.
Prima di cominciare a fumare, c'avevo il PIL della Svizzera.

In quel tempo, Incredible Hulk viveva un periodo piuttosto buio e a me, che non avevo assistito ai periodi di sfavillante splendore precedenti, faceva discretamente cacare. Tuttavia, in Italia veniva pubblicato su Devil & Hulk ed io, che avendone la possibilità compravo qualunque albo la Panini, in combutta con la mia fumetteria, infilasse nella mia casella, non me lo facevo scappare. Per amor di polemica, aggiungerò che adoravo il ciclo di Daredevil della premiata ditta Bendis-Maleev, sicché...
Chi era Greg Pak per me? Quello che aveva scritto Phoenix: Endsong, una storiella tutto sommato simpatica, disegnata da un Greg Land che ancora non aveva avuto modo di venirmi a noia.
Chi era Pagulayan per me? Proprio nessuno.
Dire che non mi aspettassi nulla da questo Planet Hulk, ormai sarà chiaro, sarebbe pure troppo.

Cazzo se mi sbagliavo! Nel giro di poco più di un anno, Pak e Pagulayan (e Lopresti, Frank e il resto della lista dei disegnatori che Mamma Marvel teneva sotto contratto così, per uno sfizio suo) mi hanno regalato un'opera di quelle che ti fanno ricordare perché spendi tempo e denaro nel fumetto seriale: perché quando sei fortunato, ti capitano storie del genere.
Poi gli anni sono passati, i baffi li ho perduti, ho letto le grandi saghe del Gigante di Giada e ho potuto mettere questa storia accanto alle altre, ed apprezzarne l'unicità. Pak riesce a destreggiarsi egregiamente tra le tematiche intimiste che sono sempre state alla base delle migliori opere del Nostro ingombrante protagonista, rivisitandole in modo del tutto personale, ma soprattutto contestualizzandole in una riflessione ben più ampia, strattonata tra politica, religione e individuo.

Nel prosieguo, farò degli spoiler. Trattandosi di una storia di dieci anni fa, credo di non far torto a nessuno, purtuttavia se non lo avete mai letto e desiderate restare vergini, fermatevi qui: spero di avervi convinto a farlo. Se lo avete letto, non avete nulla da temere. Se non lo avete letto e non ve ne frega un cazzo degli spoiler... beh, siete quelli che preferisco.

Sai Greg, House of M è andato molto bene e stiamo pensando di fare qualcosa di ancora più epocale per la prossima estate. Abbiamo bisogno di te. Ce l'hai presente Hulk? Ce lo devi togliere dalle palle per un annetto.” Avrete riconosciuto la parlata colorita di Joe Quesada mentre informa Pak che lui, la Guerra Civile, l'avrebbe vista giusto col binocolo.
L'incipit è semplice: gli Illuminati vogliono finalmente liberarsi di Hulk, lo mettono sopra un razzo in rotta verso un pianeta desolato, ma qualcosa va storto e il Gigante di Giada finisce su un pianeta abitato, Sakaar. La popolazione di Sakaar si divide in tre razze principali, che corrispondono a classi sociali nettamente separate in uno scenario politico che ricalca molto da vicino l'Impero Romano: i sakaar, nobili umanoidi rossi , il popolo ombra, la razza grigia dei sacerdoti e i nativi, insettoidi schiavi. Come in ogni Impero Tipo- Romano che si rispetti, grande spazio è dato ai giochi tra i gladiatori, principalmente criminali, reclusi politici e alieni dispersi finiti per caso sul pianeta. E quindi, Hulk. Qui Hulk fa la conoscenza di quelli che diventeranno poi i suoi fratelli di guerra: il nativo Miek, i sakaar Elloe e Lavin, il guerriero ombra Hiroim, l'alieno roccioso Korg e un membro della Covata. Insieme daranno vita alla rivoluzione contro l'Imperatore Rosso, una rivoluzione che passa dalla religione, da una solidarietà da costruire e (ovviamente) da grandi battaglie.

La grande idea di Pak è quella di escludere Bruce Banner dall'equazione: su Sakaar non c'è spazio per il debole umano, ma soprattutto non c'è spazio per il suo sistema morale. Il nostro novello Spartaco delle taglie forti, infatti, è chiamato prima di tutto a costruire un proprio sistema morale, qualcosa che gli permetta di comprendere quali battaglie combattere, quali nemici affrontare e quali alleati scegliere. È un processo dinamico, nel quale Hulk viene affiancato dai suoi fratelli di guerra, ma che sostanzialmente deve rielaborare e gestire da solo. E' una morale rivoluzionaria, tesa a sovvertire l'ordine costituito e, soprattutto, ad unire i popoli affinché la battaglia non sia contro il nemico, ma per gli amici. Per portare a compimento questo processo, Hulk dovrà demolire l'idea che ha di sé stesso come distruttore, come mostro e, nel farlo, troverà la dimensione tutta nuova non dell'eroe, ma del leader politico.

Hulk fa la morale e la incarna, ma con quale autorità? Dapprima la conquista con la rabbia, la forza bruta, come chiunque si aspetterebbe. Successivamente però tale autorità gli viene semplicemente concessa dagli altri, che in lui vedono un modello, anzi di più: un messia. E questo è uno dei punti più alti probabilmente di Planet Hulk, perché dietro ogni grande religione si cela un grande progetto politico, un progetto che, quando si incarna in un sol uomo non può che renderlo un'emanazione di dio in terra Sakaar. Che lui sia o meno l'eletto di cui parla la (solita) profezia importa poco (importa nulla, per lui), importa il progetto e l'investitura.
Un personaggio fondamentale in questo processo di responsabilizzazione è il nativo Miek, per caratterizzazione assolutamente il miglio personaggio della run insieme ad Hulk. La storia di Miek si incrocia con quella dello Sfregio Verde che è ancora un bambino orfano, che necessita di una figura paterna surrogata che vede in Hulk, e da lui si abbevera per soddisfare la sua sete di precetti di crescita. Nello gestire la rabbia di Miek, Hulk deve di fatto imparare a gestire la propria rabbia e come Hulk prende in carico le sorti di Sakaar, Miek dovrà prendere in carico le sorti del proprio popolo.

La rivoluzione procede per grandi battaglie, che poi sono grandi mazzate. Le città vengono espugnate e le alleanze vengono strette a cazzotti sul muso e Greg Pak riesce a rendere il tutto estremamente credibile, coadiuvato da disegnatori estremamente a loro agio con i ritmi serratissimi imposti alla narrazione. Soprattutto Pagulayan si dimostra disegnatore di livello, con un tratto sporco e al contempo deciso, in grado di restituire smalto ad uno scontro dei più classici in casa Marvel, quello tra Silver Surfer e Planet Hulk. È un momento decisivo della storia, nel quale i gladiatori si liberano del controllo diretto dell'Impero e cominciano la loro marcia di libertà. E' soprattutto uno scontro che viene spogliato di ogni solennità, è violento e selvaggio perché su Sakaar, prima di Hulk, nulla poteva essere differente. Ogni singola tavola rappresentante la rivoluzione è un'esplosione apocalittica di azione rabbiosa, fino all'ultimo atto.

Quando la rivoluzione finisce, con la morte dell'Imperatore Rosso, Hulk alle sue spalle non ha lasciato solo macerie, ma una rete di rapporti e di alleanze costruite sulla base della lealtà in battaglia e della cessione di piccole istanze personali, da valorizzare in un progetto di comunità. La gestione del processo di pace ci restituisce un Golia Verde del tutto nuovo, completamente a suo agio nel nuovo ruolo di reggente di un impero che non conosce più la mostruosità, perché dai mostri è stata fondata. Riuscirà finalmente a trovare la realizzazione personale, un amore sincero e una speranza per il futuro. Un futuro che gli sarà negato dalla malvagità degli uomini.

In Planet Hulk c'è Hulk e un pianeta, ed è la storia di come il pianeta plasma Hulk ed Hulk lo riplasma a sua immagine. Hulk non sarà mai più lo stesso, perché porterà quel pianeta nel cuore, o almeno così sarebbe dovuto essere.

Il seguito ufficiale sarebbe World War Hulk, ma non vi fidate: è una baracconata di botte da orbi in cui questo fantastico Hulk lascia il passo troppo presto alla sua controfigura peggiore.

Nessun commento:

Posta un commento