martedì 2 febbraio 2016


A.R.
Artsteady reviews

BATTAGLIA



Adesso un po' di esperienza ce la siamo fatta, un po' di errori ne abbiamo commessi, un po' di belle storie le abbiamo pubblicate. E quindi guardiamo avanti. Questo personaggio ci costringe a pubblicarlo!

Con queste parole, Roberto Recchioni congedava il 2015 editoriale di Pietro Battaglia, primo anno della terza (o quarta, o quinta, si perde facilmente il conto) vita editoriale del personaggio nel parco testate della Editoriale Cosmo. E non possiamo che essere d'accordo con lui, su tutta la linea.
La storia di questo nuovo Battaglia è la storia, certamente, di una apprezzabilissima collana a fumetti, di quelle che l'edicola italiana non vede troppo spesso e a cui invece Editoriale Cosmo comincia ad abituarci.

Il marketing – Premessa: trovo sempre le dinamiche del marketing antipatiche e affascinanti nella loro capacità di connettere il lettore al prodotto scavalcando i contenuti. E pare proprio che ultimamente non si possa ignorare il passaggio di come un fumetto venga venduto, quindi togliamoci 'sto dente.
La notizia del ritorno di Rrobe e Leomacs al timone di una collana sul vampiro siciliano da loro ideato nel '94 viene lanciata con un numero speciale presentato al Lucca Comics and Games 2014 e l'annuncio del formato pocket. L'hashtag #culidabattaglia, che avrebbe dovuto enfatizzare l'attenzione sul formato che poi è quello di Diabolik, ha invece un risultato abbastanza fiacco.
Di certo il colpo gobbo è stato piazzare in copertina i nomi di Recchioni (che non è lo sceneggiatore degli albi) e Leomacs (che non ne è il disegnatore). Certo, non è come se ci trovassimo Kane e Finger sulla copertina di un volume di Batman, Recchioni è comunque al soggetto e Leomacs alle copertine, oltre a tutto il lavoro editoriale di coordinazione dei team artistici, ma dispiace comunque per sceneggiatori e disegnatori che vi hanno lavorato. È una scelta, questa, che sottolinea come il nome di un autore stia pian piano diventando in qualche modo un brand, al quale l'editore attinge appena può sperando che funzioni.

La collana – Quello che ha funzionato senza dubbio è il fumetto, visto che alle quattro uscite previste se n'è aggiunta in corso d'opera una quinta:

1 – La figlia del capo (Monteleone, Des Dorides);
2 – La lunga notte della Repubblica (Gualtieri, Lovelock);
3 – Muro di piombo (Masi, Francini);
4 – Sodoma (Marsiglia, La Bella);
5 – … e le foibe? (Gualtieri, Venturi).

A queste ha fatto seguito una sorta di Omnibus di 752 pagine dedicato al personaggio ed è stata annunciata la continuazione della serie nel 2016.
Nel complesso, questo nuovo Battaglia è decisamente un fumetto di comprimari: le vicende di Pietro si intrecciano, come al solito, alle pieghe più buie della storia d'Italia, che è più che mai fatta di uomini in carne ed ossa, un rivolo di storie personali che affluisce nel fiume della Storia, nelle quali il vampiro si trova ad essere deus ex machina un po' per avidità, un po' per cattiveria, un po' per caso.

Il coraggio – Nessuno si aspetta, da un titolo del genere, un'accurata ricostruzione storica, ma se c'è qualcosa di cui ho sentito la mancanza, durante tutto l'arco della serie, è il coraggio di prendere di petto la tematica affrontata nel singolo volume. Il più delle volte, i giudizi sulle vicende storiche presentate sono messi in bocca a talmente tanti personaggi e con posizioni così variegate che lo scenario che viene fuori resta completamente neutrale e riesce solo in rari casi a scrollarsi di dosso il ruolo di mera ambientazione. Ne è un esempio lampante La lunga notte della Repubblica, che si svolge durante la vicenda del rapimento e poi omicidio, da parte delle Brigate Rosse, di Aldo Moro, nel quale ho trovato a tratti insopportabile il giustapporsi continuo di letture ambivalenti, ma anche Sodoma, che rimanda a Gomorra nel titolo ma offre invece una visione della criminalità organizzata più vicina a quella di una vecchia cinematografia.
Nonostante ciò, di scelte coraggiose disseminate qua e là ce ne sono. Nello stesso Sodoma, coraggioso è stato il così largo uso della lingua napoletana in un albo a distribuzione nazionale, così come l'utilizzo di uno stile grafico assai più pulito ed essenziale rispetto a quello visto su tutti gli altri albi. In … e le foibe? vengono completamente sovvertite le regole del gioco, offrendoci una (claustrofobica) storia squisitamente horror. Più di tutte spicca la caratterizzazione di Edda, la figlia di Mussolini protagonista del primo volume, che lungi dall'essere semplicemente La figlia del capo, si materializza in una figura femminile di straordinaria complessità e modernità.

L'intrattenimento – Una volta fatta la pace con il ruolo della Storia, quello che resta è intrattenimento allo stato puro. Le trame imbastite da Recchioni sono intriganti e avvincenti e vengono calate nel fumetto dallo sceneggiatore di turno con un comune senso del ritmo che trova sempre il giusto equilibrio tra thriller, introspezione e (ovviamente) azione.
Non si può non tornare su La figlia del capo, probabilmente il miglior albo della cinquina, con un Monteleone che ci trascina nella più classica torbida storia d'amore e perdizione, che parte da una festosa e soleggiata Roma, trascinandosi poi nei vicoli sudici e bui di Shangai fino ad una decadente Verona, ben assistito da un sempre più onirico Des Dorides, capace di passare da un Pietro quasi espressionista ad una Edda il cui sviluppo fisico è reso con un realismo quasi morboso. Un albo in cui domina il pathos, fino ad un finale in cui nemmeno la luce del sole riesce a squarciare le tinte fosche che si vanno addensando nell'arco delle 122 pagine.
Menzione d'onore anche per Muro di piombo, una sorta di incrocio tra Die Hard e una versione pulp di 007, in cui il tandem Masi – Francini si destreggia con ritmo incalzante in quello che tecnicamente si definisce “spaccare i culi”.

Gli errori – Tornando alle parole di Recchioni, delle belle storie abbiamo detto. E quindi ci tocca parlare degli errori. Sicuramente fra questi Rrobe può annoverare poco di suo, a parte la confusione già evidenziata in precedenza di cui risente La grande notte della Repubblica, a causa della quale l'albo rappresenta probabilmente il punto più basso di questa “prima stagione”. Nonostante ogni singolo albo non sia perfetto, più che di errori parlerei di rischi calcolati: è evidente che ogni team creativo ha avuto il proprio spazio per provare a sperimentare, soprattutto in costruzione della tavola e gestione degli spazi, ed è pur ovvio che a qualcuno è riuscito più che ad altri (a Marsiglia e La Bella più che a tutti), ma sono rischi che meritano di essere corsi. Non avremmo invece voluto parlare qui delle copertine di Leomacs, e invece proprio ci tocca. L'idea di utilizzare elementi grafici molto stilizzati in cui inserire rappresentazioni più realistiche di scene e personaggi presenti all'interno del volume, di per sé interessante, non viene mai sviluppata al pieno delle possibilità. Il risultato è un “compitino” che certamente non può bastare, soprattutto quando confrontiamo le prime quattro con la cover di … e le foibe?, in cui Leomacs si libera di queste prescrizioni ed esplode nel grido di Pietro, di straordinaria potenza.

Insomma – Tra più alti che bassi, questo Battaglia decisamente funziona e costringe ad essere pubblicato, senza ombra di dubbio. È diretto, è potente ed è divertente ed è tutte queste cose in un modo completamente originale, che è alla Recchioni, ma di volta in volta anche alla Monteleone, alla Masi, alla Gualtieri, ecc. Ma più di ogni altra cosa è alla Battaglia.
Insomma, leggere Battaglia è un'esperienza che ricorda la storia di quel tizio che finisce a letto con una trans si scopre bisessuale: ti delude per quello che cercavi, ti stupisce con qualcosa che non pensavi di volere e alla fine si rivela quello di cui avevi bisogno.


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